
Tra i molteplici insegnamenti che da genitori bisogna fornire, rientra anche il saper trasmettere fin da subito ai propri figli, l’amore per il buon cibo e le buone abitudini alimentari.
Negli ultimi anni si fa molta confusione quando si parla di svezzamento e spesso si vive e fa vivere ai propri bambini questo step importante con molta ansia e frustrazione.
Noi genitori siamo costantemente alla ricerca delle migliori informazioni per agire nel modo “migliore” per quanto riguarda il benessere dei nostri figli.
Con la parola svezzamento oggi facciamo riferimento al passaggio da un’alimentazione liquida a base di latte materno o formulato a un alimentazione mista con cibi solidi. In passato invece si intendeva letteralmente il “togliere il vezzo” del latte materno (come se fosse giusto considerarla una cattiva abitudine!). Per fortuna, siamo ormai lontani dall’idea che si possa considerare il latte materno un brutto vizio da togliere, consapevoli, che si tratta invece di una preziosa necessità sia dal punto di vista nutritivo che dal punto di vista emotivo.
Quando si pensa all’introduzione dei primi alimenti si pensa sempre a una ricetta da seguire scrupolosamente nel minimo dettaglio, la classica prima pappa fatta di brodo vegetale (rigorosamente di patate, zucchine e carote), crema di riso o mais, un cucchiaino di olio alla quale via via si aggiungono ingredienti secondo schemi e tempistiche rigidi. Tutto questo spesso associato alla classica idea di mamme, papà o nonni preoccupati con un cucchiaino in mano, che tentano di infilare nella bocca del bimbo (magari completamente disinteressato e contrariato), la pappetta dal gusto non proprio gradito.
I bambini, nei loro primi anni di vita, non sono soltanto dei “bidoncini” da riempire con dosi precise (e a volte eccessive per il loro piccolo stomaco) di cibo.
Troppo spesso ci si dimentica che per loro l’esperienza del pasto è:
– una continua scoperta di nuovi colori, sapori, consistenze e odori;
– uno sviluppo delle abilità motorie delle manine che diventano sempre più precise nei movimenti;
– un’esperienza che coinvolge tutti e cinque i sensi;
– un complesso lavoro della bocca reso possibile, dapprima dalle gengive e palato e poi dai dentini;
– un processo che rende il bambino più autonomo usando le proprie capacità e competenze.
Non si tratta quindi di un insegnamento limitato solo alla proposta di alimenti sani, ma in qualche modo anche un insegnamento che riguarda il sapore, la storia dei nostri cibi, i loro luoghi di provenienza, le loro modalità di preparazione, in modo tale che possano fin dai primi momenti apprezzarne pienamente il valore.

Quando parliamo di “alimentazione complementare a richiesta” meglio conosciuto come ”autosvezzamento”, sposiamo l’idea che il bambino stesso quando sarà pronto inizierà, da solo, ad assaggiare altri cibi che vadano a integrare il latte materno o artificiale. Specifico che questi alimenti dovrebbero integrare, ovvero dovrebbero andare ad aggiungersi e non sostituire in modo assoluto il latte. Quest’ultimo dovrebbe infatti rimanere “fedele” compagno del bambino, restando la sua fonte principale di nutrienti per diversi mesi ancora.
È importante ricordare che le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomandano l’allattamento esclusivamente al seno fino ai 6 mesi, proprio perché il latte materno riesce a coprire tutti i bisogni nutrizionali del piccolo. È ugualmente importante capire però che dopo i 6 mesi, non è vero che il latte materno diventa insufficiente, ma anzi, resta il nutrimento principale fino all’anno di vita essendo ormai ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica che rappresenta una super risorsa anche fino ai 2-3 anni di vita del bambino. Dopo i 6 mesi però è opportuno andare a “completare” il latte (di mamma e non) con altri alimenti in quanto il bambino necessita di un maggiore introito di energia, ferro, zinco e vitamina D.
Ma come possiamo capire quando il nostro bambino è pronto per introdurre cibi solidi?
Osservandolo. Sarà proprio lui a farvi capire di essere pronto. Mi piace però precisare che non esiste (e non deve esistere) una tempistica precisa, proprio perché non tutti i bambini sono uguali. Confrontare il vostro bambino con altri non ha alcun senso, perché ognuno ha il suo modo e tempo. Non è una gara a impugnare il primo broccolo prima del cuginetto o della figlia della collega.
Ci sono però dei segnali che possono aiutarci a capire se il bambino è pronto:
– riesce a stare seduto sul seggiolone e a tenere dritta la testa;
-ha perso il riflesso di estrusione, che in parole semplici è quel riflesso che hanno i neonati e che permette loro di succhiare il latte dal seno o dal biberon. Con questo movimento i piccoli tirano fuori la lingua e al tempo stesso evitano che entrino corpi estranei. Per capire se effettivamente questo riflesso si è perso, potete avvicinare alla bocca del bimbo un cucchiaino, toccando le labbra. Se a questa azione il bimbo risponde portando in fuori la lingua (quasi sfregandola sul palato), allora il riflesso è ancora presente.
-è incuriosito dal cibo (questo potrebbe verificarsi anche prima dei 6 mesi, soprattutto se vostro figlio è abituato a stare a tavola con voi durante i pasti);
-è capace di afferrare cibo e portarlo alla bocca.
Il consiglio di tenerli a tavola con voi è volto a stimolare il bimbo, favorendo la sua osservazione della gestualità dell’adulto durante il pasto. Questa stimolazione aiuta a far sì che il bimbo inizi a imitarvi portandosi anche lui cibo alla bocca. Noterete quanto, con il procedere dei mesi, risulteranno interessati a ciò che accade in tavola, fino a diventare anche loro protagonisti del pasto (ad esempio con il movimento delle manine che suggerisce un: “voglio assaggiare anche io”).
Le tabelle dello svezzamento tradizionale spesso sono molto rigide e dettagliate su come preparare la pappa e le quantità che il bambino ne deve mangiare. Quando i bimbi assaggiano per la prima volta omogeneizzati e pappine, non sempre lo fanno con piacere (e non mi stupisco!).
Ogni bambino è unico e come tale, ha i suoi gusti. Seguendo queste tabelle così precise, anche lo svezzamento rischia di diventare tutto un problema e uno stress quale “Non ha mangiato tutto. Avrà mangiato abbastanza? E se non finisce tutto come si fa?”. Così, nella fretta di portare a casa il risultato, si perde di vista il rapporto che stiamo creando tra il piccolo e il cibo stesso.
Per quanto riguarda la preoccupazione ‘’ma sarà abbastanza? Ho paura che il bimbo non mangi’’, proprio come nell’allattamento al seno, il bambino manda all’adulto segnali ben precisi di fame o di sazietà. Dobbiamo quindi imparare ad ascoltarli e ad osservarli.
Perché non iniziare fin da subito a offrire cibi salutari, semplici da cucinare, ma al tempo stesso gustosi e adatti a tutta la famiglia? Questo permetterà al bimbo di assaggiare alimenti di cui conosce già il sapore, perché in qualche modo li ha già “assaporati” prima, ovvero durante la gravidanza, grazie al liquido amniotico e successivamente tramite il latte materno.
Ma quindi il bambino mangia come noi?
Mangia CON noi e COME noi! Lo stesso cibo, adattato a forme e consistenze adatte al bambino.
Il bambino ha un ruolo importante nella scelta dei tempi e quantità degli alimenti, ma fondamentale è il compito della famiglia nello scegliere cosa mangiare. In altre parole, l’autosvezzamento può funzionare solo a patto che si offrano al bambino scelte (opzioni) sane e con consapevolezza. Se queste premesse vengono rispettate, si potrà dire addio a pappe, doppia cucina e piatti insapori (con somma gioia di tutti!).