Ascolta i tuoi 9 tipi di fame

C’è un detto Zen che recita ‘’Quando hai fame, mangia’’. Apparentemente nulla di più facile, ma lo è veramente? Oggi sappiamo che la questione è molto semplice da bambini. È stato dimostrato dalla scienza che i neonati sanno autoregolarsi benissimo su cosa mangiare e quanto. Pensiamo al classico esempio del bimbo sul seggiolone al quale vengono offerti vari cibi sul vassoio. Molto probabilmente, dopo averli attentamente studiati, toccati e plasmati ne porterà alla bocca un solo tipo nella quantità che vuole lui, con somma delusione dei genitori, che osserveranno preoccupati pensando ‘’ma avrà mangiato abbastanza?’’. Questa autoregolazione naturale e istintiva del bambino viene però messa a dura prova se la mamma (come spesso accade) inizia a imboccare forzatamente il piccolo con il cucchiaino. Se invece si aspettano e rispettano i tempi del bambino, nell’arco di qualche tempo il bambino si sarà alimentato correttamente senza essere confuso e disturbato da forzature esterne. Quindi, se si dà ai nostri figli tempo sufficiente e scelte alimentari adeguate, mangeranno quantità, vitamine, minerali e macronutrienti adeguati. Tutto molto lineare e sensato, però se da un lato è vero che tutti alla nascita possediamo questa capacità di ascolto delle nostre esigenze interne, è altrettanto vero che crescendo la perdiamo. Crescendo trasformiamo la nostra fame naturale in qualcosa di molto complicato.

Probabilmente ognuno di noi pensa di mangiare solo quando effettivamente la fame chiama, ma descrivere precisamente quali sensazioni e segnali si avvertono come stimolo della sensazione di fame, è complesso da capire. Questo perché esistono diversi tipi di fame. Il mindufl eating aiuta a far chiarezza sul perché mangiamo e Jan Chozen Bays identifica esattamente 9 tipi di fame:

  1. La fame degli occhi

Non a caso “si mangia anche con gli occhi“. Gli occhi fissano un determinato cibo e mandano segnali al cervello chiarendo “abbiamo fame proprio di quella cosa”. È quel tipo di fame che i ristoratori conoscono bene quando a fine pasto ci esibiscono il carrello dei dolci. In quel caso, seppur ci si senta sazi, seppur la cena sia stata soddisfacente, non si riesce a resistere a ciò che gli occhi vedono incantati. Anche il marketing conosce bene questo tipo di fame ed esistono esperti pubblicitari e fotografi specializzati proprio nel rendere il più attrattivo possibile un determinato prodotto alimentare. Al supermercato può diventare una lotta tra quello che gli occhi ci dicono di comprare e ciò che in realtà ci occorre (basti pensare alla disposizione dei dolciumi nei dintorni delle casse).

Si può però sfruttare anche la fame degli occhi a nostro favore. Non a caso si consiglia di mangiare in piatti più piccoli in modo da vederli sempre pieni. Oppure, per esempio, un consiglio valido per rendere appetitosi i nostri abbinamenti è di impiattare in modo gradevole sfruttando i variegati colori dei diversi cibi perché si sa “anche l’occhio vuole la sua parte”.

2. La fame del tatto

Ci insegnano che non si mangia con le mani perché giustamente questione di bon ton, ma penso chiunque provi un certo senso di libertà e piacere quando ci si ribella a questa regola.

In molte culture si mangia con le mani. Ritengono che usare le posate sia come attaccare il cibo come un’arma. Pensano che mangiare sia più soddisfacente quanto agli altri sensi si aggiunge anche il tatto.

Non me ne vogliano i genitori per il caos che si può creare, ma sarebbe bene lasciar mangiare con le mani i nostri bimbi durante lo svezzamento. Lasciare che si sporchino, che annusino, che impasticcino, che scoprano diverse forme e consistenze. Questo manipolare e ‘’fare da soli’’ li aiuta anche in quell’innata autoregolazione accennata sopra. Ci sono studi che dimostrano che bambini svezzati con cibi in piccoli pezzi, da mangiare con le mani, tendono a mangiare cibi più appropriati rispetto a bambini svezzati con gli omogenizzati e il cucchiaino.

Non bisogna limitare la fame del tatto alle sole mani ma estendere il concetto alle labbra, alla lingua. Questo tipo di fame può essere soddisfatta toccando con mani, bocca ciò che mangiamo e restando pienamente presenti nell’esperienza.

3. La fame delle orecchie

Ci sono cibi che emettono rumori quando li mangiamo. Parte del piacere che proviamo quando si mangia deriva dall’udito. Quando sentiamo qualcuno sgranocchiare qualcosa ci voltiamo subito e probabilmente ci viene voglia di quel cibo in questione. Veniamo richiamati da quel suono e non a caso molte pubblicità fanno ascoltare il suono tipico di alimenti croccanti o l’inconfondibile suono della cioccolata spezzata. Ad esempio, alcuni ristoranti piuttosto rumorosi mettono musica a elevato volume come strategia per far mangiare i clienti più velocemente. È stato dimostrato che si mangia di più se non si sente il suono di ciò che si sta consumando.

La fame delle orecchie mi fa venire in mente le interminabili ore di lezione universitarie. Mi capitava soprattutto nel pomeriggio che nell’assoluto silenzio della spiegazione quando qualcuno apriva un pacchetto di qualsiasi cosa, dai crackers, ai taralli, a una schiacciatina, in quel preciso momento, ne subivo quasi il richiamo. Sarà stata la fame conseguente a pranzi veloci o (mi perdonino i prof) la noia e stanchezza delle ore interminabili di lezione? Ripensandoci effettivamente erano cibi e snack che nemmeno mi piacevano chissà quanto, che in un altro contesto non avrei nemmeno preso in considerazione, ma in quel momento erano musica piacevole per le mie orecchie.

4. La fame del naso

Quando non percepiamo odore del cibo ci sembra quasi che questo non abbia gusto. Quando si perde l’olfatto, ed è comune anche per un semplice raffreddore, perdiamo le variegate sottigliezze del sapore. Senza odore il cibo diventa quel qualcosa da buttare giù come semplice carburante per il corpo. Come gli altri tipi di fame anche questa ha necessità di essere soddisfatta, sia con il cibo che portiamo a tavola sia con profumi e odori che preferiamo. La fame del naso per me trova massima rappresentanza nei miei viaggi. Ci sono profumi che mi riportano a Bangkok, dove ci sono mercati di cibo ovunque, lungo le vie, dentro ai capannoni, sulle barche. Bangkok è un insieme di odori indefiniti. Camminando si viene travolti dal profumo di Pad Thai per poi passare all’inconfondibile odore acre e penetrante (e quasi spiacevole per alcuni e anche per me) del Durian e poi ancora a quello di pesce essiccato e così via. Sono odori talmente pungenti che ti entrano nel naso e ti restano dentro. Per me il profumo e sapore autentico di Pad Thai si è fermato a Bangkok, tanto che non sono più riuscita ad apprezzarlo nei ristoranti Thai italiani.

5. La fame della bocca

Questo tipo di fame è desiderio della bocca di sensazioni piacevoli. Ogni sensazione piacevole però dipende dall’unicità della bocca di ognuno di noi. C’è chi ama lo speziato e chi assolutamente lo odia. Per soddisfare questo tipo di fame non basta mettere in bocca del cibo e mandarlo giù nel nostro apparato digerente. Se vogliamo essere soddisfatti mentre mangiamo, la mente deve essere consapevole di cosa succede nella bocca. È un po’ come se dovessimo invitare a tavola anche la nostra mente. Per questo, si consiglia di prendersi del tempo per il pasto, di non avere distrazioni (quali tablet, telefoni, televisione accesa). Quante volte capita di finire ciò che abbiamo nel piatto in pochi minuti e nemmeno rendersi conto di cosa si è mangiato? Colpevoli sicuramente le pause pranzo ridotte a lavoro, la vita stressante, il proliferare dei mille pensieri quotidiani. Inoltre, se distratti da altro, si continuano a buttare dentro bocconi veloci ignorando i segnali di pienezza che arrivano dallo stomaco, finendo per ingerire più cibo di quanto realmente ci serva.

La bocca si stufa facilmente, desiderosa di varietà di gusto e di consistenze.  Lontane dal concetto di ‘’educazione alimentare’’ per varie ragioni, sono quelle diete drastiche con frullati e smoothie che ‘’sostituiscono il pasto’’. Bere in qualche minuto ciò che dovremmo masticare, assaporare, gustare e opportunatamente digerire non è nutrire il corpo.

6. La fame dello stomaco

Probabilmente quando si pensa di necessitare di cibo è perché si pensa unicamente a questo tipo di fame. La tipica sensazione di vuoto allo stomaco, i ‘’morsi della fame’’. Allo stomaco non interessano i sapori, interessa il volume. Quando lo stomaco è troppo pieno ci manda un segnale di fastidio da farci smettere di mangiare, quando necessita di cibo allo stesso tempo si lamenta perché non ne sta ricevendo. Spesso però bruciori, senso di ansia, brontolii che accusiamo a livello dello stomaco vengono erroneamente scambiati per fame e così, per placare tali disagi, si risponde mangiando quando invece le necessità erano altre. Spesso si è disorientati riguardo a come valutare la fame dello stomaco. Per soddisfare questo tipo di fame bisogna mangiare la giusta quantità, ovvero la quantità sufficiente affinché lo stomaco possa fare il suo lavoro per poi riposarsi. Lo stomaco non lavora bene quando è troppo carico. Fondamentale è la nostra capacità di esplorazione delle sensazioni legate allo stomaco per evitare di mangiare troppo oppure troppo poco nel caso in cui si confonda un segnale per un altro.

7. La fame cellulare

È la fame fisiologica, seppur rappresenti il motivo principale per cui si mangia, paradossalmente è forse la più difficile da sentire. Il nostro corpo ci manda segnali di continuo, ci dice esattamente cosa gli serve, peccato che diventiamo incapaci di ascoltare e comprendere questi segnali. Da piccoli, infatti, eravamo in grado di riconoscere in modo intuitivo la necessità di mangiare e di cosa il corpo avesse bisogno. Col passare del tempo, però, a causa di condizionamenti esterni può succedere di perdere questa abilità.

Attraverso la mindfulness possiamo diventare più sensibili alla fame delle cellule e separare quello di cui il corpo effettivamente ha bisogno da ciò che la mente ci chiede. Se ci fermiamo e ascoltiamo attentamente, e lo facciamo spesso, forse riusciremo a fare quello che fanno gli animali, ovvero saggiare il cibo e sapere se è quello di cui hanno bisogno” J. Chozen Bays.

8. La fame della mente

Veniamo continuamente bombardati da un eccesso di informazioni contrastanti sul cibo che ci hanno reso ‘’i mangiatori più ansiosi del pianeta’’. La nostra mente è ormai convinta che ci si nutra correttamente solo se ci si tiene informati sulla verità del momento. Temiamo i grassi perché ci hanno detto che fanno male, ricerchiamo compulsivamente proteine perché non sia mai che si mangino poi troppi carboidrati, categorizziamo in alimenti buoni e alimenti cattivi a seconda della verità del momento. C’è anche da aggiungere che ad oggi chiunque parla di alimentazione e che il nostro mangiare è divenuto un alternare tra ciò che ‘’dovremmo’’ e ciò che ‘’non dovremmo’’ introdurre nel corpo (come se fossimo solo bidoni da riempire). Ci sono studi che dimostrano quanto la mente abbia potere sulle nostre abitudini alimentari. Si può infatti arrivare a detestare o amare determinati alimenti in base a informazioni circolanti. Basti pensare a ‘’niente carboidrati dopo le 18’’, ‘’aboliti fichi, cachi e banane perché troppo zuccherini’’, ‘’senza glutine ti fa bene’’. L’industria alimentare, consapevolissima di queste nostre convinzioni, sforna nuovi prodotti attraverso il marketing che ‘’casualmente’’ ci gratifica con etichette che vantano ‘’gluten free’’ (seppur quel cibo non contenga naturalmente glutine), ‘’senza grassi’’ (aggiungendo però in sostituzione tanto altro magari), ‘’solo 100 kcal’’ (quando il riferimento calorico è solo a 15 grammi di porzione e magari si finisce per mangiarne una confezione intera). In questo ultimo caso la mente non è e non deve essere solo nemica, ma in mezzo a tutte queste verità instabili e variabili, può aiutarci a saper comprendere, distinguere e scegliere consapevolmente.

9. La fame del cuore

Questo tipo di fame è legata alle emozioni. È quel tipo di fame che ci spinge a mangiare per colmare un vuoto ma non di stomaco, di cuore. Inoltre, è anche legata ai ricordi, alle tradizioni familiari. Per molti di noi, infatti, tra i comfort-food ci sono proprio cibi a cui attribuiamo un significato, un ricordo come per esempio cibi che ci preparavano da piccoli la mamma o la nonna, oppure cibi che si mangiavano in famiglia in momenti di festa. 

Non possiamo dipendere dal cibo per riempire tutti i nostri vuoti, ma possiamo fare caso a quale emozione proviamo quando sentiamo l’impulso irrefrenabile di mangiare. Potremmo così accorgerci quando si mangia per rabbia, per tristezza, per noia, per solitudine, per ansia. Se però si mangia con il vano tentativo di scacciare queste emozioni più scomode e migliorare il nostro stato d’animo, nessun cibo potrà mai aiutarci in questo. La fame del cuore non ha bisogno di cibo.

‘’Quasi sempre chi ha un rapporto non equilibrato con il cibo lo ha perché inconsapevole della fame del cuore. Nessun cibo potrà mai soddisfare questo tipo di fame. Per soddisfarla dobbiamo imparare a nutrire il nostro cuore.’’ Jan Chozen Bays.

Giulia Tassarotti Biologa Nutrizionista -PISA-